Chi non ha volato su Budapest quest’anno?
Meta gettonatissima fra gli italiani, anche noi di Nuok ci siamo concessi una fuga di fine estate di soli tre giorni verso la capitale ungherese, baciati da un fortunatissimo sole.
Atterrati all’aeroporto internazionale Liszt Ferenc, è bene optare subito per l’abbonamento di 72 ore che con soli 4150 FT (all’incirca 13€) permette di prendere qualunque mezzo pubblico dell’area urbana, senza rischiare facilmente una multa, dato che il biglietto non ha una fascia oraria – come solitamente accade in Italia – ma vale per un’unica corsa! Scoprirete ben presto che, in realtà, Budapest si percorre tutta a piedi, i luoghi da visitare sono inaspettatamente uno accanto all’altro, seppur su due sponde diverse del Danubio, Buda e Pest, appunto.
Così, l’autobus 220E che porta al capolinea della metro più vicina, Kobanya-Kispest, sulla linea M3, la blu. Alloggiamo nel cuore di Pest, affittando un appartamento in Regi posta ùtca, traversa della più affollata Vaci ùtca, la via dello shopping che conduce a piazza Vorosmarty. Scendendo alla stazione di Deak Ferenc tèr troviamo, quasi per sbaglio, quello che diventerà il nostro posto di fiducia per la prima colazione: Cserpes Tejivò.
Un ex lattaio comunista fra un Mc Donald’s e un negozio di detergenti tedesco, oggi è un posto frequentatissimo dai giovani ungheresi, specie al mattino presto, quando potrete vedere una lunga fila di studenti ed impiegati fuori dalla porta, in coda per il cappuccino più buono della città e una morbida girella al cacao o un panino al formaggio. All’interno l’ambiente è accogliente, siamo circondati da bottiglie di latte in vetro, dalla sagoma sulla carta da parati alle lampade che calano dal soffitto, alle fantasie dei vassoi da riporre in appositi catini una volta completato il pasto o lo spuntino.
Pronti e carichi di energia, fra le tappe imperdibili di Budapest c’è in primis la visita al Parlamento, il più grande e, a detta degli ungheresi, anche il più bello del mondo. Più esteso di quello di Washington e Londra, visitarlo in tutta la sua maestosità è certamente un’esperienza unica. L’accesso è consentito esclusivamente in presenza di una guida, perché, per quanto non sia abitato, non si tratta di un museo e solo poche stanze possono essere effettivamente visitate. Le più importanti e straordinarie sono la vera e propria camera dei deputati, che, a seconda delle stagioni, vanta di un sistema di riscaldamento/raffreddamento all’avanguardia, e la sala della corona presidiata da due guardie h24. La struttura è aperta tutti i giorni dalle 8 alle 18, il costo è di 2200FT (€) e ci sono almeno quattro tour giornalieri in italiano, in media uno ogni tre ore.
Potrebbe capitare di non trovare posto e dover aspettare il turno successivo, a quel punto vi consigliamo di scendere lungo il Danubio e passeggiare lentamente fino al Ponte delle Catene. Camminando, quindi, verso sinistra, ma tenendo spontaneamente lo sguardo verso destra per ammirare Buda dal lato opposto, incrocerete il memoriale delle scarpe sul Danubio, ben sessanta riproduzioni in ferro di scarpe di ogni misura in ricordo dei migliaia di ebrei ungheresi uccisi dalle Croci Frecciate fasciste. Il ricordo dell’olocausto, così come il retaggio sovietico si respira in ogni dove entrando in contatto con Budapest.
Se dopo i 45 minuti di visita avete bisogno di un’altra dolcissima sosta, c’è un bar a cui non dareste neppure un fiorino, eppure offre uno strudel alle amarene da leccarsi i baffi, e anche il gelato merita un assaggio! Si chiama Szalai Cukràszda, i proprietari parlano inglese quel tanto che basta per fare l’ordinazione, e i pochi tavolini circolari in marmo hanno le sedie rivolte verso il bancone, come ad essere spettatori di ciò che accade: le chiacchiere degli habituè, o la preparazione dei dolci nel laboratorio sul retro. Ce ne siamo innamorati.
Se volete continuare a stuzzicare avviatevi verso il vicino ed altrettanto celebre mercato coperto, in ungherese Nagy Vásárcsarnok, dove la redazione di Nuok vi aveva già condotti lo scorso inverno. L’enorme struttura si divide tendenzialmente su due livelli: il piano terra è dedicato alla vendita di specialità quali paprika, palinka (il distillato ungherese simile alla nostra grappa), vino Tokaj, salame, paté de fois gra, prodotti da forno (fra cui consigliamo la versione salata dello strudel, quello al cavolfiore!), frutta e verdura.
Mentre il piano superiore è dedicato ai souvenir (non andate via senza aver acquistato una blusa in cotone 100% coi tipici ricami magiari) e soprattutto a piccoli ristoranti e chioschi che vendono cibo di strada ungherese e non, dove ci fermiamo per il pranzo.
Appesantiti ed assonnati c’è un solo luogo a cui volgersi, che per giunta dista ad un tiro di schioppo, basta attraversare il Ponte della Libertà: i bagni dell’Hotel Géllert. Non potete, infatti, dire di essere stati a Budapest se non vi siete calati nelle sue celebri acque termali. Con più di 150 sorgenti in tutto il sottosuolo cittadino, quattro forniscono l’Hotel Gellért e sgorgano così roventi da dover essere raffreddate prima di usufruirne!
L’ingegnosa scoperta si deve, certamente, ai romani e poi ai turchi, infatti quelli di Rudàs, poco distanti, costituiscono un esempio più simile ad un hamam ottomano, mentre i bagni Géllert sono un inno all’art noveau, con le sue pareti rivestite di mosaici e maioliche in tutte le tonalità del blu. Un sogno a cui accediamo pagando solo 4700FT (15€) usufruendo di un nostro armadietto negli spogliatoi ovviamente separati per sessi, mentre tutte le piscine sono ad accesso misto. L’apertura e chiusura del lucchetto vi lascerà probabilmente perplessi, ma c’è da fidarsi!
All’ingresso vi verrà fornito una specie di orologio senza quadrante dotato di un congegno magnetico che si abbina all’armadietto prescelto e lo blocca con un semplice tasto da premere, in maniera tale che nessun altro potrà avere le vostre coordinate. Qualora anche voi doveste perderle, nell’immensità della struttura o nell’intensità del relax, niente paura! Troverete degli appositi schermi nei corridoi per ottenere il numero della postazione personale, basta strisciare il vostro braccialetto da cui non dovrete mai separarvi – perché, ovviamente, è impermeabile!
Aperti ogni giorno dalle 6 del mattino alle 8 di sera, si ha libero accesso alla sauna (dai 40° agli 80°) dopo cui si suggerisce una breve immersione nelle piscine a 19°, per poi calmare la pressione sanguigna nelle pozze termali fra i 36° e i 40° e sentirsi in forma con una bella nuotata nelle due piscine olimpioniche, una esterna, l’altra interna, sormontata di meravigliose vetrate. La cuffia per il nuoto è obbligatoria, ma se non l’avete portata (assieme al costume, al telo e alle infradito che, invece, vi consigliamo di mettere in valigia) si può acquistare all’interno della struttura a 700FT (poco più di 2€).
Merita decisamente di restare fino alla chiusura, e in vena salutista, all’uscita, potrebbe andarvi di mangiare qualcosa di vegetariano, opzione praticamente impossibile per la cucina del posto. Complici gli orari delle cucine che chiudono ben presto a sera, si può ripiegare su Padthai, un wok bar con più franchising in città che noi incrociamo tornando verso Vaci utca. Ci sorprende per la freschezza dei suoi noodles e la simpatia nell’arredamento in cui personaggi di broccoli stilizzati regnano sovrani. Ci piace soprattutto perché siamo liberi di comporre il nostro piatto come preferiamo: il primo passo è scegliere la pietanza base (spaghetti di riso, di soia, di grano, integrali…), poi gli ingredienti per il condimento e infine la salsa, insomma, ce n’è per tutti i gusti.
La seconda giornata a Budapest è dedicata ad un’altra meta fondamentale del viaggio: il quartiere ebraico, Erzsébetvàros. Il posto a cui tornare per l’ultima notte brava in città, ma alla luce del sole si respira cultura e si ripercorre la memoria dei palazzi sventrati, nei frequenti spazi vuoti, ma soprattutto la visita – guidata e in lingua italiana, come per il Parlamento – alla Grande Sinagoga in Dohàny utca, la maggiore d’Europa (al mondo la supera solo quella di New York!).
Non lasciatevi trarre in inganno dal pacchetto completo che offre anche un giro del distretto, meglio perdersi fra le stradine senza neppure guardare la cartina! Mentre la spiegazione della sua costruzione e in particolar modo delle peculiarità della minoranza ebraica ungherese, detta “neologa”, meno ortodossa e più vicina alla chiesa cattolica, vale tutti i 2700FT necessari per l’ingresso. La sinagoga, infatti assomiglia ad una cattedrale (con tanto di organo, generalmente vietato negli ambienti di culto ebraico) di cui, tuttavia, si riconoscono i simboli fondamentali del credo e alcuni tratti orientaleggianti di influsso moresco.
Molto toccante, procedendo dall’interno verso il cortile, passando attraverso un piccolo cimitero (anche questo generalmente posto lontano dai centri abitati) è l’ulivo in acciaio inossidabile sulle cui foglie sono incisi i nomi delle vittime ungheresi della Shoah. Di fronte a questo, cattura la nostra attenzione una vetrata che rappresenta un serpente nascere da una fiamma – peccato e disgrazia – e volgere la testa verso la luce – speranza e rinascita, oltre ad una tomba che ricorda i nomi di personalità internazionali salvatrici dei perseguitati, fra cui spicca l’italiano Giorgio Perlasca.
Vagando senza meta, se è quasi ora di pranzo, potreste fermarvi da Kàdar Etkezde, attirati dalla caratteristica atmosfera delle tovaglie a quadri bianchi e rossi, i lampadari in ferro battuto e le foto antiche attaccate alle pareti. Il menu è solo in ungherese, dovete fidarvi delle cameriere, che, calzettoni fino al ginocchio e stivaletti in pelle nera open-toe, consigliano i piatti del giorno: oca con patate e cavolo rosso, gnocchetti con crema di funghi, risotto alla carne di maiale.
La vera scoperta sta nelle bevande: la malna, sciroppo di lampone allungato con la soda di cui si trovano due enormi bottiglie con sifone su ogni tavolo. Si spende all’incirca 2000FT a piatto (7€), si paga ogni singola fetta di pane (15 centesimi di euro al pezzo) e si lascia la mancia del 5%, obbligatoria.
L’esplorazione di Buda e del suo centro storico sarà la terza ed ultima tappa del giorno successivo, ora non si può non sperimentare le altre famigerate terme della città, per fare il pieno di cloro e cura di sé: i Bagni Szechenyi. Nascosti nello straordinario parco municipale, preceduto dal colonnato della maestosa Piazza degli Eroi a cui accedere in due modi: attraversando a piedi Andrassy ùt, anche detti gli Champs Elysée di Budapest, o con la metro gialla M1 da Vorosmarty ter, la linea più antica della città.
Potreste essere alquanto delusi se li confrontate alla pulizia e la bellezza architettonica dei bagni Gellért. Suggeriamo di andarci all’imbrunire perché la parte esterna delle terme promette d’essere più estesa ed accogliente, la stessa dove d’inverno l’acqua sulfurea crea nuvole di vapore mentre la gente gioca su scacchiere galleggianti. Eppure d’estate le piscine sono colme di turisti ingestibili, più affollate e confuse nell’assistenza all’enorme massa di utenti, anche se il procedimento di assegnazione di bracciale ed armadietto (così come la tariffa all’ingresso) è identico e sarete ormai di casa. Alcune pozze interne, poi, vengono chiuse al pubblico dopo le 19, quando per fortuna anche la calca lentamente diminuisce, perciò basta aspettare con pazienza inseguendo i getti dell’idromassaggio tiepido, ammirando il tramonto.
Le terme, come il mare, mettono fame. Mancano due pietanze doc all’appello: il goulash e il pollo alla paprika. Assaggiate il primo da Frici papa, taverna a ridosso fra il quartiere ebraico e quello di Belvaròs, anche se vi resterà impresso soprattutto il camembert fritto servito con marmellata di mirtilli come antipasto. Il secondo, invece, riservatelo per l’ultimo pranzo nel self service Fortuna Etterem (aperto solo a pranzo fra le 11:30 e le 14:30, unico posto in cui si paga solo in contanti!), una vera e propria oasi fra i prezzi proibitivi della bolgia turistica del quartiere del castello di Buda, attorno al Bastione dei Pescatori, da cui godere una vista mozzafiato di Pest e del “bel Danubio blu” sia di giorno che di notte.
Per raggiungerlo, piuttosto che scarpinare in salita dal Ponte delle Catene, vi consigliamo di prendere la metro M2 rossa fino a Batthyàny tér per poi semplicemente seguire l’istinto tenendo sulla vostra destra le mura del castello, come una stella polare da raggiungere per vivere una fiaba dall’atmosfera disneyana. Per i più pigri, invece, c’è il bus n16 che da Deak Ferenc ter vi lascia proprio accanto alla Chiesa di San Mattia, che tanto somiglia al Duomo di Vienna, dove infatti l’imperatrice Sissi e Giuseppe I furono incoronati sovrani d’Ungheria nel 1867.
Siamo quasi alla fine della permanenza ed è tempo di portarsi dietro qualche ricordo: ben quattro i negozi che abbiamo individuato per fare o farsi un regalo unico, tutti accomunati dalla presenza di articoli di design ungheresi a prezzi accessibili. Due a Pest: Magma, una vera e propria galleria d’arte di cui apprezziamo specialmente le borse, bustine e cuscini di Hajdu Lidia, e Rododendron, decisamente più kitsch coi suoi libri da colorare, i finti passaporti dell’epoca URSS, ma anche unico rivenditore degli straordinari gioielli israeliani Ayala bar.
Altri due a Buda, per la parcondicio! Icipici, collocato fra una pasticceria e una libreria di titoli usati in inglese, e Fian che offre di tutto, dall’abbigliamento, ai quaderni realizzati da un gruppo di ragazzi autistici ai tatuaggi di Tatz.
Dimentichiamo qualcosa? Sì, meglio fare la valigia prima di una notte bianca di ritorno al quartiere ebraico che opera una vera e propria metamorfosi sotto le stelle, tutta da vivere. Cena ebraica da Mazel tov (previa prenotazione!) o mordi e fuggi da Karavan, tempio dello street food, e poi via, da un bar all’altro nei cosiddetti “romkert” fra cui spicca, celeberrimo, lo Szimpla Kert. Prima di perdervi nelle sue stanze segrete, però, concedetevi una birra Soproni, la bionda ungherese, nel più tranquillo Koleves Kert, cortile dell’intero complesso che dalle 9 alle 24 è bar, ristorante, pasticceria, affitta camere.
Alle prime luci dell’alba, è tempo di tornare a casa coi postumi di una palinka di troppo. Ci sarebbe forse voluto un giorno in più per visitare anche l’isola Margherita, ma sarete sazi della magia di una fra le città più suggestive dell’Est Europa.